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Lettera Pastorale nella Gloriosa e Luminosa Solennità della Resurrezione del Signore dell’Anno della Redenzione 2025 al Învierii Domnului din Anul Mântuirii 2025

† SILUAN

Per grazia di Dio, Vescovo della Eletta da Dio

Diocesi Ortodossa Romena d'Italia,

Piissimo Ordine Monastico, Reverendissimo Clero,

e Tutti coloro

 che ascoltano o leggono questa Lettera Pastorale,

Grazia a voi, pace e gioia da Cristo il Risorto dai morti,

E da noi, paterna benedizione

assieme all’antichissimo saluto:

CRISTO È RISORTO!

Nonostante il tumulto che caratterizza il mondo in cui ci è dato di vivere, eccoci arrivati, ancora una volta, dopo il periodo di preparazione scandito dal digiuno, alla luminosa festa della Risurrezione di Cristo Salvatore.

La vita del cristiano, però, non si riduce solo ai momenti di festa, che pure hanno il loro scopo e il loro luogo. La vita del cristiano è in permanente trasformazione e sviluppo, perché essa ha lo scopo e la finalità di abbracciare tutto ciò che l'umanità dell'eterno Figlio di Dio, che è diventato il Figlio dell'Uomo, ha portato come rinnovamento e pienezza.

Attraverso la Sua umanità, Cristo Signore, assume e porta a pienezza il primo pensiero del nostro Creatore per noi esseri umani. Egli restaura nella nostra natura tutto ciò che è stato spezzato e corrotto dalla caduta del primo uomo – Adamo (ed Eva) – dal paradiso. Egli restaura allo stesso tempo, sul piano naturale, sia il nostro rapporto con Dio – nostro Creatore – che il rapporto tra me e ogni altro “io”, fino alla piena somiglianza con Colui che ci ha creati. Egli ci rivela il fondamento su cui poggia la relazione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo – l'AMORE – e mette a nostra disposizione i mezzi con cui possiamo riprodurre questa relazione tra noi, l'uno con l'altro, facendosi “esempio” di amore, sia verso Dio che verso l'uomo. Ecco perché il Santo Apostolo Paolo ci esorta, dicendo:

«Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò sé stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.» (Filippesi 2:5-8).

E l'Apostolo dell'Amore aggiunge, dicendo:

«Chi invece osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui. Chi dice di rimanere in lui, deve anch’egli comportarsi, come lui si è comportato». (1 Giovanni 2:5-6). «In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.» (1 Giovanni 5:2-3).

Pertanto, essere cristiano, considerarsi credente, significa vivere secondo i principi che Cristo Salvatore ci ha rivelato e secondo i quali ha vissuto. Non si tratta solo di appropriarsi, dentro di noi, della parola del Signore, delle Sue esortazioni e dei Suoi comandamenti, ma anche di far operare in noi la Sua grazia, ricevuta nel Battesimo, per mezzo della quale i nostri sensi, la nostra mente e la nostra anima, e anche il corpo, sono posti sulla via che conduce alla somiglianza con il Figlio di Dio incarnato, al quale siamo legati come il ramo è legato all'albero su cui è stato innestato. E proprio come il ramo riceve la linfa dell'albero su cui è innestato, così anche noi riceviamo la vita rinnovatrice del Salvatore Gesù Cristo, e le Sue caratteristiche si muovono in noi, nella misura in cui acconsentiamo e ci sforziamo affinché tutto ciò che è secondo la Sua volontà possa essere stabilito anche in noi.

I modi in cui facciamo operare in noi la grazia di Dio assumono, a volte, un aspetto più “facile”, a volte un aspetto più “difficile”. Il nostro vivere in Cristo ci rende partecipi, a volte, della dolcezza della Sua grazia, e altre volte del peso della fatica di seguirLo, o anche dell'amarezza del “calice” della sofferenza. Entrambi gli aspetti della nostra vita cristiana hanno il loro scopo e il loro tempo, ordinati dal Signore, per il nostro progresso spirituale e per la purificazione del cuore, senza la quale la luce di Cristo non può essere vista.

Acconsentire, con cuore benevolo, con fiducia e amore, a tutto ciò che il Signore ci comanda di fare o di non fare, in risposta al Suo amore per noi, costituisce l'aspetto più “facile” della nostra vita cristiana. Questo aspetto è, però, fondamentale! Solo che, nella maggior parte dei casi, non è sufficiente per raggiungere la costanza nel bene. E il Santo Apostolo Paolo condivide con noi l'opposizione che incontra nello sforzo benevolo di adempiere la legge:

«Non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. (…) Infatti, secondo l'uomo interiore, acconsento alla legge di Dio. Ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra.» (Romani 7:19; 22-23). Pertanto, seguire il Signore e i Suoi comandamenti, solo con la buona volontà, non basta.

Lo sforzo di osservare tutti i comandamenti del Signore e di non fare ciò che Lui ci dice di non fare («benedite quelli che vi maledicono», «amate i vostri nemici», «non giudicare», «non rendere il male con il male» ecc.) o lo sforzo di non cedere agli impulsi della rabbia, della violenza o della volgarità sono esempi che illustrano l'aspetto più “difficile” del seguire il Cristo. Questo è il significato dell’“ascesi”.

Il Signore stesso ci dice: «Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta è la via che conduce alla vita! E pochi sono quelli che la trovano.» (Matteo 7:13-14). Lo sforzo e la buona volontà dell'uomo hanno bisogno del sostegno della grazia, per poter portare avanti l'impegno di seguire Cristo fino alla fine. Per questo la Chiesa ripete la richiesta ad ogni servizio: «Soccorri, salva, abbi misericordia e custodiscici, o Dio, con la tua grazia».

E l’Apostolo ci insegna come opera la grazia:

«Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo si sono riversati in abbondanza su tutti.» (Romani 5:15-17). «Dio infatti è degno di fede e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze ma, insieme con la tentazione, vi darà anche il modo di uscirne per poterla sostenere.» (1 Corinzi 10:13).

Il rinnovamento che Cristo risorto dai morti ci porta è più potente in noi dell'eredità peccaminosa, che opera in noi attraverso la caduta di Adamo. Ma dipende solo da noi se ci impegniamo o meno a vivere insieme a Cristo risorto – il nuovo Adamo – e se seguiamo il sentiero dei Suoi comandamenti, o se rimaniamo aggiogati, fatalisticamente o comodamente, all'eredità peccaminosa della schiavitù in cui il primo Adamo entrò attraverso la caduta. Ma se noi compiamo la nostra parte, per quanto possibile, il Signore adempie la Sua parte e ci porta al porto tranquillo del Suo Regno. «Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo.» (1 Tessalonicesi 5:24).

«Accostiamoci con cuore sincero – ci esorta il Santo Apostolo Paolo – nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza – perché è degno di fede colui che ha promesso. Prestiamo attenzione gli uni gli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone.» (Ebrei 10:22-24). Così facendo, seguiamo Colui che ci guida attraverso le tenebre di questo mondo e diventa per noi la «Luce della vita» (Giovanni 8:12).

***

L'anno 2025 è ricco di anniversari e di bellissimi eventi ad essi collegati. Sono passati 100 anni dall’elevazione della Chiesa ortodossa rumena al rango di Patriarcato e 140 anni dal riconoscimento dell’autocefalia, e cioè da quando la nostra Chiesa è divenuta indipendente, sceglie il proprio capo ed è ordinata secondo i propri statuti. Ma anche la nostra Chiesa in Italia celebra il suo giubileo ricorrendone il cinquantesimo anniversario di servizio pastorale: era infatti il 1 ottobre 1975 quando il Patriarca Giustiniano fondava in Milano la prima Parrocchia ortodossa rimena affidandone la cura al giovane sacerdote Traian Valdman che, nominato parroco, da allora fino ad oggi serve quella parrocchia col medesimo zelo, divenendo altresì il padre spirituale di molte generazioni di cristiani.

L'anno 2025 è anche l'anno in cui la nostra Chiesa ha solennemente proclamato Santi sedici Padri che, nel corso del XX secolo, in tempi di persecuzione atea contro la fede, sono diventati Confessori o addirittura Martiri. Essi ci si mostrano quale esempio luminoso di incrollabile impegno nella sequela di Cristo, di inalterabile pazienza e perseveranza dinanzi alle tante e dure prove cui le persecuzioni Li hanno sottoposti. Nell’esempio della loro vita, possiamo vedere chiaramente come la benevolenza cristiana e lo sforzo spirituale si intrecciano armoniosamente e portano il frutto della purezza e della santità.

Lodate Dio nei Suoi Santi (Salmo 67, 1)! Poiché a Lui spetta ogni gloria, onore e adorazione, e al Padre, Figlio e Santo Spirito: ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.

CRISTO È RISORTO!

Con un paterno abbraccio in Cristo il Risorto e con l’apostolica benedizione su ciascuno di voi, vi auguro ogni bene per la salvezza,

† Vescovo Siluan

della Diocesi Ortodossa Romena d’Italia

Dalla nostra Residenza episcopale della benedetta città di Roma, nella luminosa Solennità della Resurrezione del nostro Salvatore Gesù Cristo, il 20 aprile, Anno della Redenzione 2025.

 

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