Domenica dell’Espulsione di Adamo dal Paradiso | Mistero del perdono - mistero della risurrezione
dei latticini
Vangelo secondo Matteo 6, 14-21
Oggi ci addentriamo nel nostro viaggio mistico verso l'ultima domenica che apre la strada alla Santa e Grande Quaresima: la Domenica dell’Espulsione di Adamo dal Paradiso. Una domenica che ci presenta un paradosso, perché il giorno del Signore, la domenica, è la gioia della Risurrezione per eccellenza - il Paradiso perduto ci viene mostrato aperto attraverso il Sacrificio di Colui che ha gustato la morte per noi - eppure oggi è una domenica che ci mostra che il Paradiso è stato perduto.
Se la mancanza di digiuno da parte di Adamo ed Eva ha portato alla loro cacciata dal Paradiso, la domenica di oggi ci ricorda che questo tragico evento nella vita di ogni essere umano ha lo scopo di ricordarci che attraverso il digiuno e l'ascesi siamo chiamati a (ri)conquistare il Paradiso un tempo perduto, iniziando con l'arduo matrimonio dei quaranta giorni di digiuno, a cui si aggiungerà una settimana di passione insieme al Signore Cristo, per assaporare, alla fine, la dolce Risurrezione.
Se la disobbedienza di Adamo, che non osservò la parola del Signore che gli ordinava di non mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male, gli fece perdere il Paradiso, oggi siamo chiamati, attraverso il pentimento, ad essere attenti ad adempiere al comandamento della Nuova Alleanza, datoci da Cristo, che ci riporterà nel Regno dei Cieli - "Prendete, mangiate, questo è il mio corpo" (Mt 26, 26).
Nella tradizione bizantina, la domenica di oggi è anche la domenica del perdono - perché siamo tutti chiamati a un pentimento pubblico, comunitario, prima di entrare nella Santa e Grande Quaresima. Un pentimento fatto, innanzitutto, da chierici e monaci, affinché siano da esempio edificante per i fedeli. A partire dai chierici, tutta la Chiesa si pente pubblicamente dei peccati, sia personali che comunitari. Ognuno di loro è chiamato a chiedere perdono a Dio attraverso un atto di profondo pentimento durante i vespri, il momento che chiarisce le acque tra il periodo di preparazione e il digiuno vero e proprio, al quale si accede liturgicamente dalla proclamazione del prochimeno (Alexander Schmemann).
La domenica di oggi è anche la domenica in cui i monaci della Palestina (li incontreremo nella vita di Santa Maria Egiziaca) si recavano nel deserto per alte devozioni ascetiche, dopo aver adempiuto al comandamento del perdono dopo la Liturgia, rafforzati non solo con il corpo e il sangue del Signore, ma anche con la grazia acquisita attraverso il mistico perdono, che si rivela come resurrezione prima della resurrezione.
"Se infatti rimetterete agli uomini i loro debiti, il Padre vostro celeste rimetterà anche a voi" (Mt. 6, 14)
Il Vangelo con cui oggi viaggiamo fa parte del discorso sulla montagna, pronunciato subito dopo che il Salvatore ha rivelato ai suoi discepoli la preghiera di tutte le preghiere - il Padre Nostro - ci parla della profonda importanza del perdono (la quinta richiesta della preghiera - "e rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori").
Cristo insiste sulla reciprocità del perdono: solo chi perdona (rimette, condona tutti i debiti) può essere perdonato da Dio Padre (che perdonerà ogni peccato). Chiedere perdono significa anche un pentimento silenzioso, un (ri)rivolgersi a Dio. Senza questo gesto, senza questa metanoia (μετάνοια), non possiamo ricevere il perdono di Dio, non potrebbe veramente penetrare in noi.
La Scrittura ci ricorda in questa prospettiva la parabola del debitore immeritevole: colui che prima è stato perdonato senza chiedere nulla in cambio, solo perché lo ha chiesto al suo Maestro (che è il Signore), e in seguito, poiché ha agito ancora una volta ingiustamente non perdonando il suo prossimo, riceve la dannazione eterna. Il perdono richiede sempre anche un profondo cambiamento dell'anima - la conversione.
Le tre virtù della Quaresima
Oggi siamo anche chiamati a scoprire le virtù con cui dobbiamo intraprendere il cammino silenzioso della Quaresima: la misericordia verso chi soffre, la preghiera e l'astensione dai doni che Dio ci ha fatto, per dimostrare che amiamo di più Colui che dona, per dimostrare che Dio, Colui che porta le consolazioni mistiche, è più grande di tutti i doni che ci fa in questo mondo.
Queste virtù ci vengono rivelate, nel giorno in cui ricordiamo la cacciata di Adamo dal Paradiso, dal Nuovo Adamo, che è il Signore Cristo, colui che vive nell'amore di Dio e che per amore di Dio si sacrifica per noi, colui che ci rivela veramente chi doveva essere Adamo e chi dobbiamo diventare in questa Quaresima.
Il Nuovo Adamo (Cristo) e la Nuova Eva (la Madre di Dio) diventano i nostri modelli di perfezione, di salvezza e di amore, sulla via del duro digiuno, sulla via dell'ardua ascesi. Ma questo cammino di comunione e di amore conduce sempre allo stesso luogo: il Calvario, dove è inchiodata la Croce del Signore. È lì che si apre la porta del cielo, attraverso Cristo che mette la croce sulle nostre passioni, sulle nostre cadute e sui nostri fallimenti, affinché impariamo che solo abbracciando la Croce possiamo arrivare alla soglia del digiuno - a costo di ascesi, abnegazione, sofferenza e soprattutto santa pazienza.
Per questo il digiuno che ci attende ci ricorda che a Dio si arriva per un sentiero spesso stretto, spinoso, accidentato: quello dell'astensione dai piaceri, del digiuno e della sofferenza per Cristo, che dobbiamo amare con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente.
Questa è la via che ci è aperta oggi, la via del digiuno, che è, di fatto, la via del ritorno dal vecchio dono al nuovo dono, dal vecchio Adamo al nuovo Adamo, la via attraverso la quale diventiamo di nuovo figli di Dio, dopo essere diventati figli del mondo e delle nostre debolezze attraverso la caduta.
Rinnegare sé stessi e il mondo: il primo passo del digiuno
San Giovanni Evangelista, questo misterioso Apostolo dell'amore, ci insegna che: "Non amate il mondo, né ciò che è nel mondo. Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui; perché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza degli occhi, la concupiscenza del corpo e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma è del mondo" (1 In 2, 15-16).
Nel rinnegamento di sé e delle cose del mondo si nasconde anche il misterioso cammino che abbiamo intrapreso, abbracciando l'ascesi del digiuno - mettendo da parte la concupiscenza degli occhi, la concupiscenza del corpo e la superbia della vita, che fecero perdere il Paradiso ad Adamo ed Eva - perché "il frutto dell'albero era buono da mangiare e gradito agli occhi e desiderabile, perché dà conoscenza" (At 3,6).
Comprendiamo, quindi, che solo adempiendo al contrario, attraverso il pentimento e l'osservanza dei comandamenti e della volontà di Dio, possiamo (ri)ottenere la vita eterna.
Il pentimento - il dolce cibo del digiuno
"Le porte del pentimento mi si aprono, o Datore di vita; affinché io possa portare il mio spirito alla Tua santa Chiesa, indossando la veste del corpo, completamente contaminata. Ma come uomo misericordioso, purificalo con la misericordia della tua misericordia", recita il canto con cui ci incamminiamo dall'inizio del Triodio, ricordandoci che il mistero finale nell'opera di salvezza è proprio il ritorno al Signore - il pentimento - la metanoia (μετάνοια), un cambiamento di mente, ma anche di vita.
Il pentimento è innanzitutto il passaggio dal peccato alla virtù e alle buone azioni, dall'ingiustizia all'osservanza dei comandamenti di Dio e al compimento del bene, che porta alla realizzazione. Il pentimento richiede sempre molta preghiera. Preghiera e pentimento vanno sempre insieme e sono inseparabili. Il pentimento comporta il più importante cammino interiore verso Dio, innanzitutto rendendogli giustizia in ogni cosa, e solo così possiamo (ri)trovare la Via (giusta) e la Verità.
Quanto più ci addentriamo nel mistero del pentimento, tanto più sembra allontanarsi da noi. Più ci si avvicina al sole e alla luce - cioè al Signore - più si vede l'impotenza, la caduta, l’inquietudine. E alla fine, il mistero è che Dio vuole in qualche modo fare uno scambio, che non è molto equo - tutto il cammino del digiuno ci condurrà alla sofferenza di cui Lui gusterà il sapore e persino alla morte sulla croce, affinché noi alla fine del cammino possiamo gustare la vita e la risurrezione.
È quindi solo attraverso il pentimento che si acquisisce la vera guarigione, che ci cambia dall'interno e ci umilia profondamente. Il pentimento rivela un'autentica umiltà e ci libera dall'inferno della disperazione che il più delle volte deriva dall'orgoglio.
È l'inizio del digiuno, ma già sentiamo la brezza della misteriosa opera di salvezza di Dio - la giustizia ingiusta. L'Immacolato sale sulla Croce, che incontreremo a metà del digiuno, per prendere su di sé ogni peccato, fino alla morte. Questo è il pensiero che Dio ha sempre ispirato attraverso i profeti dell'Antico Testamento - per chiamare il popolo al pentimento, come dimostrano gli scritti dell'Antico Testamento da Geremia e Isaia, a Gioele ed Esdra, e soprattutto nella bellissima narrazione di Giona, che incontreremo nelle parabole del Grande Sabato.
Il mistero del perdono - il mistero della vittoria
Uno dei comandamenti più difficili di Cristo sembra essere il perdono incondizionato, così difficile da realizzare soprattutto ai nostri giorni. Ne passiamo tante ogni giorno, ma quando si tratta di perdono, non riusciamo ad abbracciarlo, non vogliamo stringere con lui l'amicizia salvifica. Il perdono è bello solo quando lo riceviamo! Ma quando arriva il momento di offrirlo noi stessi, siamo subito assaliti da una marea di pensieri che ci mettono in difficoltà, in confusione.
Tutta la nostra relazione con il Signore sta nel perdono. Chi offre il perdono è come Dio, perché fa risorgere l'anima di chi è stato perdonato. Solleva il suo prossimo dall'angoscia della disperazione! Cristo è venuto sulla terra non per guarire tutti corporalmente, ma prima di tutto per perdonarli! Questo perdono può guarire tutti i dolori quotidiani che sembrano insormontabili. Chi comprende il mistero del perdono capisce che il Signore è venuto a cancellare il peccato di questo mondo proprio attraverso il perdono.
Un vero cristiano perdona da e con tutto il cuore, senza condizioni, senza chiedere giustificazioni e regolazioni di conti. Vediamo Dio che scende verso di noi per risollevarci attraverso il perdono. Siamo tutti caduti nel peccato, malati e impotenti, nel dolore e nei problemi, ma il Signore attraverso l'amore e il perdono guarisce anche noi e ci innalza verso l'alto.
L'unica via di guarigione è gridare al Signore, anche da un cuore muto e da un'anima accecata: Signore, abbi pietà di me! Dobbiamo lasciare che il Suo amore trafigga e guarisca le ferite della nostra anima ferita e non perdonata. L'amore del Signore è sempre crocifisso, sempre misericordioso: ci perdona e ci perdona ancora, perché possiamo risalire sempre di più dagli abissi in cui ci ha portato la cecità della nostra anima. Cristo irradia luce, scioglie la parola della nostra impotenza e dà vita.
In fondo, il nostro lavoro di tutta la vita deve essere quello di perdonare sempre il nostro prossimo e di lasciare che Dio parli liberamente al nostro cuore, operando in noi tutto ciò che a Lui è gradito ed è utile a noi e al nostro prossimo per la salvezza.
Sant'Isacco il Siro ci insegna, nelle sue Parole ai solitari: "Nulla è più amato da Dio e nessuna richiesta è più rapidamente esaudita della preghiera con cui un uomo chiede perdono delle sue colpe e forza e aiuto per rimediare; essa evita facilmente la loro punizione, anche se si tratta di colpe molto gravi".
Perdonare significa far risorgere il prossimo
Perdoniamo più che mai ogni errore, ogni caduta, ogni parola, ogni incapacità, ogni atteggiamento. È l'unica condizione che ci viene posta per abbracciare il cammino del digiuno. Cerchiamo di scaldare il nostro prossimo almeno con un semplice sguardo, se non con una parola o un abbraccio. Serviamo tutti, invece di volere che siano loro a servire noi. Sopportiamo e condividiamo le sofferenze dell'altro, mettendo il perdono e la tolleranza al di sopra di tutto, perché in questo modo innalzeremo il nostro prossimo. Perdonando, diamo vita dalla vita di Colui che è la Vita!
Attraverso il perdono, ogni cuore spezzato può diventare un cuore di risurrezione, come la tomba vuota del Calvario, dove la morte è stata vinta per sempre (e non è forse verso il Calvario che ci stiamo dirigendo in questo periodo?). Da questa vittoria è scaturito e scaturisce il mistero della nostra fede, sempre intessuta di: luce (anche se l'ambiente circostante è sempre buio), speranza (senza attese illusorie e senza illusioni) e amore (anche se il mondo resiste nell'odio).
Il perdono genera perdono
Il perdono genera sempre perdono e diventa così più profondo, più completo, più operante, in un mondo segnato dal dolore, dall'impotenza e dalla caduta. Perdonando, cancelliamo tacitamente ciò che abbiamo fatto di male, portando luce nel mondo. Quanto è bello vedere la luce nel volto dell'altro! Perdonando gli altri, cancelliamo la macchia delle nostre mancanze e, senza rendercene conto, puliamo quell'abito di grazia di cui il Padre che perdona aspetta con ansia di rivestirci. Ecco la rivelazione dell'opera di Dio nel mondo, ecco il giusto (ma) e temibile giudizio: chi perdona molto (perché ha amato molto) sfugge a un ulteriore giudizio per tutto ciò che ha perdonato al suo prossimo.
Perdonando il mio prossimo, gli do la vita, lo prendo sotto la veste della grazia, mi fidanzo misticamente con lui mediante l'anello della benedizione celeste, gli metto i calzari che non lo separano più dalla casa del mio cuore dove l'ho fatto abitare, condivido con lui il pane della vita e il calice dell'immortalità... e quanto è bello vedere nell'eternità colui che ho perdonato!
Il primo a perdonare è stato il Signore stesso. È venuto nel mondo, prima di tutto, per perdonare noi che siamo così restii a chiedere perdono. È Lui che ha operato e opera il pentimento e il vero perdono in questo mondo transitorio, cambiando la nostra mentalità e il nostro orientamento da quello della caduta in quello della salvezza.
Egli, Dio stesso, è colui che si pente della nostra malvagità, prendendo su di Sé i peccati del mondo, come un agnello innocente, come sentiamo nel servizio dei Grandi Vespri, serviti nelle sere feriali della Quaresima. Così, il nostro pentimento significa entrare nel pentimento di Colui che, essendo senza peccato, si pente delle nostre malvagità, riversando la sua grazia purificatrice e rinnovatrice su tutti coloro che si allontanano dalla strada sbagliata attraverso il perdono.
Intraprendiamo con coraggio il nostro cammino verso l'ascesa della Risurrezione attraverso il perdono, prendendo a cuore le parole di San Nicola Velimirovich, che dice: "Digiunando, l'uomo si prepara nella misericordia, ma perdonando le offese, si mostra veramente misericordioso. Il digiuno precede il perdono, ma il digiuno da solo non ci salva senza il perdono".
Il faticoso cammino della Quaresima
Oggi partiamo per il faticoso cammino del digiuno dalla stanza mistica della nostra anima, il santo dei santi - il nostro cuore, dove incontreremo il Re immortale - Cristo Signore, dove anche la parola del Vangelo ci esorta a chiuderci. Da lì ci sarà rivelata la nuova e benedetta pianta del giardino paradisiaco, dove Dio vuole che tutti noi entriamo attraverso la preghiera, il digiuno, le virtù - in una comunione di amore perfetto con Colui che ci chiama alla Vita.
Dovremo, in questo periodo che ci attende, viaggiare con le provviste della Parola di Dio. Nei quaranta giorni di Quaresima viaggeremo con la Sacra Scrittura, con i Salmi, con la Scala di San Giovanni, con le Vite dei Santi, con il Catechismo e sempre con l'incessante Preghiera del Cuore.
Un'antica tradizione monastica vuole che al termine del Vespro del Perdono della domenica sera, quando tutti i monaci (il digiuno è il momento in cui tutti diventiamo monaci) si chiedono perdono l'un l'altro, ricevendo la benedizione dal più anziano, si canti il Canone della Resurrezione - la ricompensa di ciò che ci aspetta alla fine delle nostre 7 settimane di cammino comune.
Le lacrime scorrono sui volti di coloro che intraprendono il cammino della sofferenza, ricevendo e dando il perdono - il Paradiso sembra perduto, ma è già (ri)trovato. Abbracciamo la Croce, ma la Resurrezione è lì! Abbracciamo la sofferenza, ma la Vita nasce già in mezzo alla sofferenza!
Il cammino sembra difficile, ma l'alba della Risurrezione brilla già in lontananza, mettiamoci coraggiosamente in cammino, perché "dalla morte alla vita e dalla terra al cielo, Cristo Dio ci ha passati, noi che cantiamo il canto della vittoria! Cristo è risorto dai morti!".Intraprendiamo il cammino del digiuno amando, - con pensiero gentile, perdonando il nostro prossimo, - abbracciando la santa croce e guardando alla risurrezione, - che già albeggia in lontananza, - con ferma speranza!
Intraprendiamo il cammino del digiuno amando, - con pensiero gentile, perdonando il nostro prossimo, - abbracciando la santa croce e guardando alla risurrezione, - che già albeggia in lontananza, - con ferma speranza!
Una benedetta Quaresima!
† Atanasie di Bogdania